La scazzottata di Ferragosto

Lettera alla Redazione

Una storia di vita vera, reale, successa ad un bagnino di salvataggio.

La riceviamo e la pubblichiamo per i nostri lettori sperando che possano immedesimarsi, farsi qualche risata e, magari, trarne un buon insegnamento.


Gentile Rescue Italia,

cari colleghi, vi voglio raccontare questa storia di cui non vado particolarmente fiero ma è successa e la porto come uno dei ricordi più indelebili della mia esperienza di bagnino.

Se, come dice il saggio, il vero uomo non racconta soltanto le prodezze ma anche le vicende più travagliate… provo a raccontarvi questa vicenda. Se non altro riuscirò a fissare nel tempo gli accadimenti di quel mitico Ferragosto e omaggiare i miei colleghi, compagni di ventura, che in quella giornata dimostrarono di essere dei  veri fratelli.

Partiamo dal quando e dove. E’ il pomeriggio di Ferragosto. Dove? Spiaggia libera di una amena cittadina della Versilia. Non scenderò troppo nei dettagli poiché fa poca differenza. Vi posso dire che all’epoca lavoravo in una piccola spiaggia libera. L’unica in chilometri di lidi privati. Ogni week end si riempiva a tappo e a Ferragosto ancora di più! Non riesco a spiegarmi come ma a Ferragosto vi giungevano i personaggi più incredibili, da tutto il mondo. Persone che scendevano in spiaggia con macchine fotografiche ultrapotenti, i-pad, tende da campeggio, ceste da pic nic. Proprio mentre intorno a loro infuriava la battaglia di gavettoni.

Ferragosto: c’è chi sostiene che sia la festa dei bagnini, chi l’incubo. Ancora non l’ho capito. So soltanto che ho molto entusiasmo al mattino ma la sera sono ben contento che sia finita.

Ogni bagnino sa che le possibilità di litigio o scontro aumentano del 300% in quella giornata.

L’anno precedente a quello in narrazione, sempre a Ferragosto, un insospettabile  avventore della spiaggia che stava leggendo un libro sulla civiltà romana (!) ricevuta una secchiata si avventò sul “secchiellatore” estraendo un coltello. Il nostro intervento provvidenziale, mio e del mio collega, lo fece rinfoderare la “lama” (ho sempre sognato dirlo). In un batter d’occhio si dileguò. Questa persona non aveva niente di sospetto. Eppure … era bastato poco per trasformarlo in un potenziale pazzo omicida!

Come accennato a Ferragosto volano le secchiate, almeno da me. Almeno in Versilia. Nonostante negli ultimi 20 anni si sia cercato di trasformare la festa in una vera festa con musica e balli in spiaggia la componente “aggressiva” permane. Gli stabilimenti balneari per tutelare gli ospiti hanno messo come dei separè sulla battigia per impedire alle bande di giovani e meno giovani di lanciare secchiate sugli ospiti degli ombrelloni. E quindi, dove pensate che andassero tutti a lanciare le secchiate? Ovvio, alla spiaggia libera!

Io ed il mio collega tentammo di istituire una “no water zone” e di calmare gli animi. Ma nel pomeriggio, è naturale, la nostra voglia di combattere contro i mulini a vento venne diminuendo mentre l’afflusso di avventori costante fece sì che alcune famiglie si andarono a sedere vicino alla battigia, cioè dove volavano le secchiate.

Passa una banda di facinorosi sulla riva che già in mattinata avevano “battezzato” la spiaggia libera. Una banda composita di una ventina di elementi sui venti, ventitré, venticinque anni. Non erano bambini. Dall’accento potrei suggerire dell’entroterra toscano.

Vola una secchiata a raffica sugli ignari bagnanti che somatizzano. Il gruppo batte con le mani sui secchielli. Ulula come una tribù polinesiana. Riparte qualche secchiata. Il gruppo comincia ad allontanarsi. E qui la vicenda si sarebbe dovuta chiudere, o almeno solitamente così si chiudono queste faccende: il gruppo si allontana festoso e orgoglioso della bravata ed i bagnanti somatizzano bestemmiando nelle lingue dei paesi da cui provengono e anche in italiano.

Ma non quel giorno.

Uno dei bagnanti si alza e si dirige imprecando dietro ai secchiellatori che accortisi della situazione partono con il coro da stadio “SCEMO, SCEMO”. Il bagnante aveva la stazza di un gigante e urlava cose impercettibili (ero ad un centinaio di metri) e gesticolava come a dire “Gentili signori vi prego di venire a fare la mia conoscenza che avrei delle cose molto riguardose da riferirvi”. Tutte le grandi amicizie hanno avuto momenti di conflitto!

La banda di secchiellatori continua ad allontanarsi anche spinta dalle richieste (dei miei colleghi) “basta ragazzi, basta”.

A quel punto mi rendo conto di una cosa: il bagnante incazzato (diciamo le cose come stanno) è claudicante. Ripensandoci a mente fredda non so dire se fosse disabile o, magari, zoppicasse per altre ragioni. Ma così, d’istinto, pensai che dal modo in cui camminava, urlava e gesticolava … si trattasse di una persona con disabilità. E’ una delle regola dell’Umanità e anche della guerra (almeno dalla Convenzione di Ginevra in poi), insomma, non si possa infierire su chi non è alla pari. Su chi non ha la stessa capacità di reazione.
Il gruppetto di secchiellatori non la pensava così. Fessi non erano perché ci misero poco a capire che il soggetto non li avrebbe mai raggiunti (se Esopo e Aristotele fossero stati presenti avrebbero convenuto e ribaltato le loro teorie).

Passo a raccontarvi la vicenda utilizzando il tempo presente, così potete immergervi al meglio nella scena. 

Così dal gruppo si staccano in tre o quattro per caricare e secchiallare di nuovo il claudicante bagnante. “Basta, eccheccazzo!” gli urlo. Il bagnante continua a urlare la sua rabbia impotente come un elefante rimasto imprigionato con una zampa in una trappola (ricordate la mamma di Dumbo? Ecco).

Il gruppetto si riallontana al grido di “SCEMO, SCEMO”. Sembra tutto finito e invece … Quello più arguto vuole tirare l’ultima secchiata. Il colpo mortale. La MAGNUM di tutte le secchiate. Carica e si porta a un metro conscio del fatto che il bagnante, poiché disabile, non potrà raggiungerlo. Parte la secchiata. Colpito in pieno. Il bagnante smanacca e accelera per afferrarlo ma senza successo. Il secchiellatore ridendo si allontana al trotto leggero.

Amici di Rescue Italia, amici che mi leggete.

Qui entro in scena io. Come attenuanti vi ricordo che era Ferragosto, c’era mare mosso e avevo saltato, o quasi, il pranzo. Ma è inutile cercare troppe scuse forse la verità è che sono un cazzone. E ne prendo atto.

Come un raptus mi lancio lungo la battigia all’inseguimento del secchiellatore pensando “lui (il bagnante) non corre ma io sì!”. Gli amici e colleghi dicono che sembravo un toro ma io mi sentivo più Carl Lewis, il figlio del Vento. Insomma, mi porto a distanza ravvicinata, il sechcillatore se ne accorge e accelera dicendomi “lasciami stare, lasciami stare” io gli sussurro “ora ti annego”. Detto da un bagnino sembra un ossimoro ma può far paura. Fa l’errore madornale di tentare la fuga verso il mare. Inciampa. Gli salto addosso e gli infilo la testa nell’acqua. 1, 2, 3 mollo. Vi assicuro non l’ho più visto. Comunque non ci sono denunce di scomparsa in quei giorni per cui è facile pensare che sia riemerso altrove e stia bene.

A quel punto il gruppo di “secchiallatori” che si è  allontanato si volta e inferocito per l’assalto subito del loro collega corre minaccioso verso di me che intanto sono riemerso come un Navy Seal dall’acqua. Si avvicinano. Una decina. Alcuni urlando altri in silenzio con i pugni chiusi.

L’adrenalina crolla, il cervello si riaccende. Mi rendo conto di aver combinato una cazzata dalle dimensioni inimmaginabili. E siamo solo all’inizio! Quindi? O scappo o resto. Scappo o resto. Scappo o resto? Resto. Accenno un sorriso, e con le mani faccio un gesto come a dire “siamo pari”. Non lo comprendono e accelerano verso di me. Conosco i rudimenti del pugilato e del full contact ma a poco serviranno: 1 contro 10. Mi chiudo pronto a incassare. Non vi nego che l’idea di prendere tante mazzate e di vedere come sarebbe andata a finire un po’ mi affascinava. Una situazione nuova.

Non sono un esperto di risse ma ho sempre pensato che chi urla non picchia mentre chi sta zitto mena! Avanzano verso di me come un fronte, guardo a sinistra ma quei tre a sinistra urlano e basta. Da destra, dalla mia destra arriva uno alto con un pugno caricato a martello. Basterebbe quello per chiudere il match. Io non lo vedo, ma lui non vede Guido, il mio collega et angelo custode, che come un razzo lo intercetta prima che lui mi abbatta. Come i missili Patriot con i missili Scud degli Iracheni durante il Desert Storm. Ricordate le immagini in televisione? Ecco.

L’assalitore cade a terra. Un secondo di silenzio. Io e Guido li guardiamo. Loro ci guardano. La guerra è dichiarata. Sempre sulla destra ne arriva un altro come un razzo. Urlo “attento Guido” che prontamente alza il braccio destro e si copre con una torsione del busto. Il cazzotto sguscia sul suo avambraccio sudato e lo colpisce di striscio sulla spalla invece che sul viso. Mica male!

Sulla mia sinistra continuano a urlare ma stanno fermi. Bene! Dalle loro retrovie parte un facinoroso urlando “ora ti ammazzo”. Prova a farsi largo fra la prima fila che si limita a urlacchiare qualcosa, intravedo lo spazio e con un front kick gli punto il tallone sullo sterno. Indietreggia.

Intanto sopraggiungono altri colleghi e bagnanti. Da minoranza diventiamo presto maggioranza. Da accerchiati, accerchiatori. Il collega Nicola, ex vigile del fuoco, dalla sua torretta vede il parapiglia. Non va tanto per il sottile. Corre, si infila dentro e inizia a menare tutti quelli che non hanno una canotta rossa. Ricordo ancora i segni dei denti di uno dei malcapitati sulla sua mano.

I più facinorosi del gruppetto vengono immobilizzati e allontanati.

La rissa esplode, la rissa si esaurisce. Come un temporale estivo.

Sono ancora in posizione di guardia. Il battito del cuore rallenta. Nemmeno un colpo mi ha sfiorato. Un mezzo miracolo.

Il gruppetto si allontana urlando “torniamo domani”. Li abbiamo aspettati fino a fine estate e anche la stagione successiva. Ma niente. Forse si sono persi. Finito il turno quel diavolo di Guido, il mio angelo custode, andò a cercarli negli stabilimenti vicini ma senza successo. Meglio così.

I colleghi mi chiesero allibiti cosa mi fosse successo per reagire così. Mi scusai mi sembrava di essere di fronte ad una ingiustizia e quella era la mia maniera per risolverla. In realtà mi vergognavo. Poteva finire male. Ci potevamo fare male, potevamo fare del male, beccare denunce, processi, risarcimenti danni ecc ecc.

Insomma l’insegnamento, se lo vogliamo trovare è sempre quello: evitare la violenza sempre. Non mettersi nel mezzo se non per favorire il dialogo.

Unica nota positiva, nei ferragosti successivi quel gruppetto non lo si è più visto. Sarà mica che si sono persi davvero?

Con fraterna amicizia a Guido, Nicola, Luca, Emiliano e tutti i colleghi della mitica estate 2013. 

Grazie a Rescue Italia per la pubblicazione.

(Nella foto dal web: i bagnanti assistono allibiti alla rissa.)