La legge 81 ed il Salvataggio in mare

In un precedente articolo abbiamo parlato della valenza della Legge 81 nel mestiere del bagnino di salvataggio e delle possibili azioni volte a mitigare il rischio d incidenti sul lavoro.

Come abbiamo avuto modo di evidenziare chi è che sovraintende, monitora e sanziona su questa tematica per quando avviene “sulla sabbia”?

E’ l’ASL attraverso l’ufficio igiene e prevenzione del territorio che riceve e valuta il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) come redatto dal datore di lavoro.

E per quanto la sicurezza in mare? Quale è l’ente che sovraintende? Quali documenti sono elemento di analisi? Cosa è previsto?

Ma prima di questa domanda dovremmo chiederci: la Legge 81 ha validità quando il bagnino di salvataggio opera in mare?

Qui si apre un curioso vuoto. Per scrivere questo articolo abbiamo scritto varie email agli enti che regolamento la nostra attività cercando di fare chiarezza e … (rullo di tamburi) ci è stato impossibile!

Perché l’attività che il bagnino di salvataggio passa in acqua, ovvero il tempo che passa in mare in attività di sorveglianza, prevenzione e salvataggio non essendo “attività di terra” non è quindi contemplabile nel DVR ma al tempo stesso non è attività da diporto quindi non sottoposta a Legge 81 ( anche se sussiste questo parere al link in contrasto per quanto riguarda il diporto)

“Probabilmente” si applica la precedente normativa 626. Al tempo stesso è da escludere che l’azione dell’assistente bagnanti in mare sia svincolata da qualsiasi ragionamento di cautela, prevenzione ed analisi del rischio come emerso nel dibattimento durante il processo di Imperia. E’ opportuno, infatti, che gli assistenti bagnanti valutino rischi e necessità della spiaggia in cui operano, condizioni del mare ed i possibili scenari adottando, di conseguenza, tutte quelle misure volte a mitigare il rischio per la loro sicurezza e per la sicurezza dei bagnanti.

Come emerso dal dibattimento del processo per l’annegamento di Imperia si richiede al bagnino di salvataggio e soprattutto all’imprenditore balneare e beach manager, un completo cambio di approccio alla questione “attrezzature del salvataggio”. Si richiede infatti un approccio molto più attivo che vada oltre leggere l’ordinanza di balneazione ed applicarla.

Chi deve valutare la bontà delle azioni proattive volte a mitigare il rischio?

In condizioni di lavoro su terra ferma è la ASL, ufficio Sicurezza sul Lavoro, ma come accennato non è dato sapere chi effettua il controllo per quanto riguarda le operazioni in mare.

Una cosa è certa: in caso di incidente ci sarà un Giudice che ne chiederà conto. Vorrà sapere se abbiamo valutato il rischio ed adottato tutte quelle attrezzature e protocolli che, nel limite delle nostre capacità, consentono di limitare il rischio di danno verso l’operatore (e ovviamente verso il pericolante e gli altri bagnanti).

Questo è, secondo noi, l’approccio più coerente con l’attuale normativa in fatto di sicurezza sul lavoro. Ed è in base a questo che andremmo a fare un’analisi schematica per guidarvi nell’approccio valutativo.

Ecco, a nostro avviso, il datore di lavoro e l’assistente bagnanti hanno una serie di domande da porsi pensando al peggior scenario possibile (worst case scenario) ed in base a quello elaborare le proprie risposte in termini di protocollo e mezzi.

Le domande generali sono:

Come cercare di minimizzare i rischi per la salute dell’operatore durante il salvataggio o l’azione in mare?

Come si valutano i rischi che i mezzi di soccorso comportano per la salute del bagnino di salvataggio durante l’esercizio delle sue funzioni?

Come ci si è approcciati alle asperità dell’ambiente acquatico?

Domande più specifiche: cosa abbiamo predisposto nel caso in cui l’operatore perda i dispositivi del salvataggio?  Uno strumento di ausilio al galleggiamento è ciò di cui abbiamo bisogno. Una cintura gonfiabile come FLOTTER o RESTUBE è lo strumento ideale anche perché non intralcia i movimenti e permette l’immersione quando sgonfio.

Il pattino di salvataggio, spesso omologato Ri.Na, è il principale strumento di salvataggio italiano. E’ presente in tutte le Ordinanze di Balneazione. A causa delle sue dimensioni importanti spesso ha bisogno di due operatori e nel caso di ribaltamento a causa delle onde può avere effetti devastanti sui pericolanti, sugli operatori e sugli altri bagnanti che non hanno avuto l’attenzione di allontanarsi dall’area delle operazioni. Si tratta di un bestione di legno o vetroresina di 90/ 110 kg con parti esposte che possono provocare traumi letali. Il bagnino fortemarmino Mauro Santocchi morì proprio a causa di una collisione con il pattino dovuta al ribaltamento dello stesso. Era il 1986. Si sono registrati molti altri casi di incidenti ma che per fortuna non hanno mai portato a decessi.

La possibilità è scegliere di dotare il bagnino di un caschetto oppure di uno strumento meno pericoloso in caso di ribaltamento come la rescue board che con un peso di 10 kg può operare in condizioni di mare maggiore rispetto al pattino di salvataggio. Richiede un solo operatore e ha delle performances nettamente superiori. In caso di perdita può provocare danni minimi rispetto al pattino.

C’è un pontile o una scogliera nell’area dei salvataggi? Se vi trovate di fronte a questo scenario particolare l’adozione di un rescue tube è la carta consigliabile. Vi permette di frapporlo fra voi e la roccia o il pilone minimizzando i danni da collisione proteggendo in questo modo voi stessi ed il pericolante.

Fondale rapido declivio? Solitamente questo tipo di fondali non consente, in caso di mare mosso, l’utilizzo del pattino di salvataggio poiché forma un’onda di risacca molto potente che si abbatte sulla battigia rendendo pericoloso l’ingresso in mare (tipico in Liguria ma anche in alcune zone della Sicilia e Calabria). Se il pericolante si trova entro i 20 metri dalla riva con una sacca da lancio si azzerano i rischi per l’operatore.

Per concludere, sono tanti gli accorgimenti operativi che possono essere presi per minimizzare i rischi dotandoci di strumenti utili e con performance elevate. Strumenti in più rispetto a quelli previsti dalle Ordinanze di Balneazione.

Il consiglio è quello di ripensare insieme ai colleghi, e/o al beach manager, a tutte le occasioni di intervento avvenute negli anni precedenti e quali rischi si sono corsi e con quali strumenti si sarebbero potuti minimizzare. 

Un piccolo investimento in sicurezza può risultare fondamentale nel momento del bisogno anche perché, è dimostrato, se ci dovessero essere problemi con la giustizia a causa di un incidente o di un ferimento dell’operatore del salvataggio, o del pericolante, la lista degli “esperti” pronti a dibattere sulle mancanza in termini di sicurezza davanti al Giudice sarà molto lunga.