Il lifeguard Luca Stefani si racconta
Luca Stefani è un lifeguard professionista che vive e lavora a Marina di Pietrasanta. Abbiamo avuto modo di conoscerlo anni fa quando ci scrisse per acquistare una rescue board. Da allora è diventato un amico e collaboratore di Rescue Italia con cui abbiamo elaborato l’ACADEMY e collaboriamo quotidianamente per scrivere contenuti (ad esempio l’articolo sulla APP Magic SeaWeed) e iniziative per valorizzare la figura del lifeguard.
E’ arrivato il momento di farlo conoscere a tutti i nostri lettori.
Ciao Luca cosa vuol dire, per te, essere un lifeguard?
Beh, è un’po’ come chiedere ad uno chef cosa ne pensa dei suoi piatti, ahahah, per me è uno dei mestieri più belli del mondo. Essere un lifeguard per me è passione, allenamento, sacrificio, continuo aggiornamento, c’è sempre qualcosa da imparare e da migliorare. Purtroppo per tanti è un ripiego è un semplice lavoro estivo per me invece è un mestiere che deve essere valorizzato.
Hai vissuto in Australia, dove hai ottenuto il BRONZE MEDALLION. Come è andata?
Il BRONZE MEDALLION è il livello base per i bagnini australiani. Ho vissuto nella terra dei canguri per qualche anno, appena arrivato trovai lavoro come istruttore per una famosa scuola di surf e per procedere all’assunzione mi chiesero il Bronze ed un corso di primo soccorso con shock anafilattici annessi. Il corso è stato una figata, mi ha insegnato tanto sul metodo di lavoro dei nostri colleghi oceanici, mi ha aperto gli occhi su cose che prima sottovalutavo.
È stata la prima volta che ho provato la rescue board ed il rescue tube e mi sono reso conto della loro efficacia, oltretutto il giorno dell’esame le condizioni di mare erano belle impegnative, scattai questa foto (qua sopra) 5 minuti prima di entrare in acqua.
Intendiamoci: non è un corso impossibile, ci vuole un minimo di preparazione per superare le prove fisiche sulle quali sono molto fiscali ed un buon inglese per le prova scritta ed orale.
Ovviamente ad oggi il mio BRONZE MEDALLION è scaduto, a differenza dei nostri brevetti, le prove fisiche vanno passate ogni anno per poterlo rinnovare.
Il rapporto surf-bagnino di salvataggio. In cosa può essere utile?
Partiamo dal presupposto che la cosa fondamentale per il nostro mestiere è l’acquaticità, indipendentemente dallo sport che pratichiamo. Che sia surf, nuoto, subacquea, l’importante è costruire un livello di confidenza con l’acqua tale da agevolare le nostre prestazioni. Il surf ovviamente penso sia lo sport che più sia avvicina al nostro mestiere in quanto il surfista matura una grande confidenza con il sottocosta, canali, buche, onde, scogli, pontili, tutto quello che per un bagnante può essere un potenziale pericolo per il surfista è normale routine. Ovviamente per essere un buon lifeguard non basta fare surf, ogni aspetto del nostro mestiere va curato ed allenato oltre ad avere un grande senso di responsabilità. Credo fortemente che introdurre elementi “surfistici” nella nostra preparazione sia fondamentale, anche perché al giorno d’oggi è sicuramente più facile trovare ragazzi che sanno remare su una tavola che su un patino. Per elementi surfistici non intendo saper montare in piedi sulla tavola, mi riferisco allo scouting delle condizioni marine, alla abilità di passare le sezioni di onde e alla confidenza con il mare di cui parlavo prima.
Una sera a cena ci hai raccontato di un bagnino che hai conosciuto quando eri un ragazzino. Una persona che ti ha insegnato molto e che ha avuto una fine tragica. Ce ne vuoi parlare?
Si chiamava Vittorio Lazzerini ma tutti lo chiamavano “Vittorino” si potrebbe scrivere un libro sulla sua storia, era un bagnino molto noto per le sue doti acquatiche, era un vero water man, faceva tutto dalla pesca subacquea, al surf , la vela….qualsiasi cosa riguardante l’acqua. Aveva inoltre un fischio naturale potentissimo ed inconfondibile, che risuonava in tutta la Versilia. Purtroppo è scomparso in un tragico incidente proprio in mare mentre era imbarcato ad Ibiza nel 2001.
Per me ed i miei cugini era un vero e proprio EROE, ha cercato di trasmetterci la sua passione per il mare e ci è riuscito, aveva viaggiato tanto e aveva un sacco di storie interessanti da raccontarci. Mi sarebbe piaciuto confrontarmi con lui da uomo, quando se n’è andato avevo poco più di 14 anni, avrei tante cose da chiedergli riguardo il nostro mestiere e non solo, ma credo fortemente che sarebbe d’accordo al 100% con il lavoro che sta’ svolgendo RESCUE ITALIA.
Le sue ceneri riposano qui davanti al bagno Pescatore proprio nel mare dove ha lavorato per molti anni e ogni estate il 14 di Agosto lo ricordiamo portandogli un fiore alle boe.
Quale futuro vedi per il salvataggio italiano?
Questa è una domanda da un milione di dollari, posso dirti cosa vorrei non cosa sarà.
L’Italia ha la fortuna di essere circondata dal mare, sarebbe bello se le nuove generazioni si avvicinassero di più alla cultura del mare. Mi piace molto, per esempio, il lavoro che sta facendo il nostro amico Luca Palla con i suoi lupetti di mare, questo è un primo passo importante, crescere i ragazzi in acqua insegnando a rispettare il mare è fondamentale. Purtroppo nonostante tutto l’Italia sia una delle nazioni con minor numero di annegamento, siamo sempre indietro ad altre nazioni e non parlo di Hawaii o Australia basta andare in Francia, Spagna o Inghilterra per vedere un livello altissimo. Il potenziale per migliore c’è, con l’Academy di Rescue Italia ce la stiamo mettendo tutta per cercare di fare capire l’importanza di un allenamento ed aggiornamento continuo, ma come ben sai gli ostacoli sono molteplici. Infine penso che il cambiamento dovrebbe partire dalle Istituzioni, so che molti odieranno quello che sto’ per dire ma il vero cambiamento avverrà quando verrà introdotto il rinnovo annuale con prova fisica. Io considero il “bagnino” un soccorritore di primo livello che purtroppo viene denigrato spesso proprio per colpa dei bagnini stessi e questo accade quando non ci si allena, quando non ci si aggiorna e quando prendiamo sotto gamba il nostro mestiere.
Quindi in attesa di una crescita collettiva consiglio, specialmente ai giovani che prendono il brevetto, di non fermarsi a quello, di guardare sempre oltre.