La morte del Sottoufficiale Aurelio Visalli

Non abbandoniamo nessuno in mare

Lo scenario di fronte a cui si sono trovati, il 26 settembre 2020, gli uomini della Guardia Costiera è quello che si può definire il worst case scenario. Ovvero la peggiore delle situazioni possibili:

  • condizioni ambientali terrificanti come si verificano in poche altre zone d’Italia,
  • assenza di strumenti idonei per intervenire,
  • assenza di una preparazione specifica.

Ma i marinai hanno seguito l’unico dettame che un vero marinaio segue in quei momenti: NON SI ABBANDONA NESSUNO IN MARE.

Adattarsi e raggiungere l’obbiettivo.

Nelle tremende acque di Milazzo c’è un ragazzino di 15 anni, da due ore circa lotta contro la corrente per rientrare a riva, con un amico si era avventurato per un bagno. La spiaggia è a rapido declivio e quando l’onda scarica l’energia che ha accumulato lo fa con una forza impressionante creando un’onda che supera i tre metri. E’ una bomba che deflagra.

La spiaggia di Milazzo è tristemente famosa per questa sua caratteristica, nel novembre del 2012 si verificò una situazione molto simile rendendo impossibili i salvataggi da riva. Annegò un turista straniero.

Quella situazione ambientale rende difficilissimo il soccorso da terra, con quelle onde è quasi impossibile restare in piedi ed anche il soccorso con imbarcazioni, via mare, è pericoloso. Ci vuole della perizia perché basta poco perché anche l’imbarcazione venga  catapultata a riva.

Ad aggravare la situazione non ci sono strumenti specifici, i marinai ci provano con un salvagente ma avrebbero bisogno di altri strumenti come una sacca da lancio, o ancor meglio una lanciasagole. Sempre che si voglia tentare di far rientrare il pericolante a riva accettando il rischio che un’onda lo sbatta violentemente sul fondale. Inoltre mancano gli strumenti per mettere in sicurezza gli operatori come caschetto, giubbini di aiuto al galleggiamento e/o cinture gonfiabili.

E poi il personale della Guardia Costiera che interviene, seppur uomini di mare, ha una preparazione specifica per interventi del genere? Chi si è mai allenato con un mare del genere?

E’ uno scenario da incubo. Lo abbiamo detto ma i tre marinai non si tirano indietro. Si tolgono la divisa e restano in costume a combattere nella potente risacca. C’è una vita da salvare.

Il ragazzino di 15 anni, da due ore in mare, trova una boa e ci rimane aggrappato un’altra mezz’ora. Ormai è all’estremo delle sue forze. Fa freddo ed è ricoperto da bruciature di meduse. Poi il colpo di fortuna, un’onda più grande lo cattura e lo fa planare a riva. Viene recuperato e portato all’ambulanza.

Tutto finito? No.

All’appello manca un uomo della Guardia Costiera, è il sottoufficiale Aurelio Visalli, 40 anni e due figli che lo aspettano a casa. Con due colleghi ha combattuto con quello che aveva, un salvagente. Un’onda più forte lo ha scaraventato a terra. Il corpo esamine viene trascinato via dalla corrente.

Verrà recuperato il giorno successivo senza vita.

Il dolore è grandissimo, al pari delle polemiche per la mancanza di coordinamento dei soccorsi e di strumenti idonei per gli operatori. L’intera comunità del soccorso è scossa.

Niente è andato come doveva andare. NIENTE.

La Procura avvia un’indagine.

Roberto Visalli ha ricordato il fratello Aurelio con queste parole “Mio fratello era un eroe già da vivo. Penso che ogni persona che si sveglia la mattina per compiere il proprio dovere affrontando tanti sacrifici debba essere considerato un eroe. Mio fratello era buonissimo; aiutava sempre tutti, nei mie confronti era protettivo”.

Aurelio Visalli, un esempio per tutti.