Soccorso fluviale: il brevetto da bagnino non basta

Nei brevetti rilasciati ai bagnini dalle società che li certificano si può leggere “Bagnino da mare, laghi e ..fiumi“. Ma davvero può bastare quella formazione per poter soccorrere anche in fiume?
 
Ne parliamo col nostro amico Davide Gaeta; provenendo da una città di mare, il suo ambito operativo è sempre stato l’acqua salata ma da qualche anno si è affacciato anche al mondo del soccorso fluviale, sia per curiosità che per completezza della conoscenza degli ambienti acquatici, e soprattutto per poterne realizzare un paragone che oggi condivide con noi.
Le competenze che deve avere un tecnico soccorritore fluviale hanno poco o nulla a che vedere con quelle del lifeguard e si può dire che sono molto più vicine al mondo alpinistico. Tra mare e fiume le analogie scarseggiano, pianeti differenti. Diversi contesti, diverse attrezzature, diverse tecniche, a partire dal “nuoto”. È un settore molto tecnico e l’improvvisazione va assolutamente lasciata da parte..
 
È importante quindi, per avvicinarsi a questo ambiente, farsi formare da istruttori che innanzitutto vivano il fiume tutto l’anno, ma non parlo di semplici guideraft che praticano sempre lo stesso fiume e solo dal punto di vista ricreativo-commerciale, bensì di scuole specializzate nel soccorso fluviale. In Italia ad esempio c’è la Scuola Nazionale RescueProject, dove i formatori sono professionisti che lavorano in questo specifico settore, testando ed aggiornando continuamente tecniche, metodologia e didattica.
 
L’ ideale per un soccorritore fluviale sarebbe innanzitutto vivere in quell’ambiente, praticarlo come sport (canoa, kayak, hydrospeed, ecc) allo stesso modo in cui un surfista ha maggiore predisposizione ad essere un buon lifeguard, Inutile aggiungere inoltre che dopo il brevetto, sono l’addestramento e la formazione continua i veri pilastri.
 
Lo stesso discorso vale per l’alluvionale, contesto che condivide tante peculiarità dello scenario fluviale e che viene spesso sottovalutato poiché i pericoli sono meno evidenti (ai non addetti ai lavori) e dove facilmente si vedono formazioni improvvisate da “istruttori della Domenica”.
 
Il consiglio che darei un po’ a tutti, soprattutto visto l’alto rischio idrogeologico che caratterizza la nostra penisola, è di seguire presso professionisti almeno un corso di autoprotezione in questi ambienti, analogamente a come consiglierei ad ogni praticante del mare di seguire una lezione su correnti e rischi legati alla balneazione.