La caravella portoghese

Negli ultimi anni si sono succeduti gli avvistamenti della Caravella Portoghese nel Mar Mediterraneo ed in mari che non sono il suo habitat naturale.

Avvistamenti in Spagna e in Italia e persino un incremento sulle coste inglesi.

Al momento i maggiori avvistamenti in Italia sono avvenuti in Sicilia e Sardegna ma è immaginabile che presto aumenteranno gli incontri anche sulle restanti parti della costa italiana.

Il 26 agosto 2010 a Villaputzu (Cagliari) si è registrata la prima vittima nel Mar Mediterraneo. 

E’ bene quindi che manteniamo la calma e impariamo cosa è e cosa fare perché la Caravella Portoghese non è una medusa e i danni che può infliggere sono nettamente superiori.

La caravella portoghese (Physalia physalis ) è un celenterato (ovvero un gruppo) marino,  una delle due specie del genere Physalia insieme a Physalia utriculus. Per il suo aspetto viene spesso scambiata per una medusa, ma è in realtà un sifonoforo. Non si tratta cioè di un singolo organismo pluricellulare, ma dell’aggregazione di individui specializzati di quattro tipi diversi, chiamati zooplancton, collegati e fisiologicamente integrati tra loro al punto da essere reciprocamente dipendenti per la sopravvivenza. È dotata di tentacoli capaci di punture molto dolorose e pericolose per l’uomo.

Il nome “caravella portoghese” deriverebbe dall’aspetto dell’individuo galleggiante, che ricorderebbe appunto una caravella a vele spiegate.

La Caravella Portoghese è composta da quattro tipi di polipi.

Il primo, chiamato pneumatoforo o più comunemente “vela”, è una sacca galleggiante colma di gas, che consente all’animale di galleggiare. È lunga tra i 9 e i 30 cm, alta fino a 15 cm, prevalentemente trasparente con tinte blu, viola, rosa o malva. L’individuo è capace di generare autonomamente o prelevare dall’atmosfera i gas di cui necessita: tale miscela è solitamente composta per il 14% da monossido di carbonio mentre per il resto da azoto, ossigeno e argon nonché tracce di biossido di carbonio; questo gas può essere espulso da un orifizio con sfintere che si trova all’estremità della pneumatofora. Ha inoltre proprietà aerodinamiche che apparentemente può modificare contraendo la cresta. Galleggia sospinta dal vento a un’angolazione dipendente dalla curvatura della parte emersa e dalla resistenza della parte sommersa. Al di sotto di essa si trovano i tentacoli, lunghi fino a 50 metri (sebbene la loro lunghezza media si aggiri intorno ai 10 metri), fortemente urticanti e costituiti da individui dattilozoidi, incaricati di ricercare e catturare le prede e di dirigerle verso gli individui gastrozoidi, che si occupano della loro digestione. Della riproduzione si occupano invece gli individui gonozoidi.

La Caravella Portoghese si sposta mediamente di 20 metri al minuto e, in caso di vento favorevole, percorre tra i 15 e i 28 km al giorno. Essa non si sposta solamente grazie alla spinta del vento, ma può “navigare di bolina” come le barche a vela, e muoversi controvento.

In caso di aggressione dalla superficie, la “vela”, che è anche dotata di una sorta di sifone, può sgonfiarsi a piacimento e quindi immergersi per brevi periodi per sfuggire al predatore.

La caravella portoghese è un carnivoro: cattura e paralizza le sue prede, solitamente piccoli pesci e organismi marini, nonché plancton, utilizzando i suoi tentacoli velenosi che si agitano nell’acqua; intervengono quindi i polipi gastrozoidi, che sono la parte “digerente” dell’animale, i quali reagiscono con rapidità alla presenza di nutrimento e si aggrovigliano fino a raggiungerlo e ad agganciarlo; digeriscono quindi il nutrimento secernendo enzimi in grado di scomporre le proteine, i carboidrati e i lipidi.

Gli oltre dieci tipi di veleno di cui sono colme le nematocisti nei tentacoli della Caravella Portoghese sono in grado di paralizzare e uccidere rapidamente piccoli pesci e una varietà di altre prede di piccole dimensioni. Ciascun tipo di veleno è caratterizzato da un suo colore e per alcuni non sono ancora conosciuti rimedi. I tentacoli staccati ed in genere gli esemplari morti rimangono ugualmente pericolosi per ore se non giorni dall’avvenuto distacco o morte.

Questa specie è responsabile ogni anno di oltre 10.000 punture sull’uomo in Australia, particolarmente sulla costa orientale, meno frequentemente nella costa meridionale e occidentale.

Le punture causano solitamente forte dolore nell’uomo, lasciando ferite simili a frustate, vere e proprie piaghe arrossate che durano normalmente due o tre giorni, mentre il dolore solitamente scompare dopo un’ora. Più raramente gli effetti avversi possono aggravarsi: shock anafilattico (dedicare articolo), febbre e interferenze con le funzioni cardiache e polmonari sono possibili, fino alla morte, seppure ciò accada raramente.