Contro l’abuso del termine EROE

Negli ultimi anni abbiamo registrato un crescente utilizzo della parola EROE applicata in modo vario a qualsiasi persona abbia svolto in modo degno il proprio mestiere. Facciamo una piccola analisi del termine e poi vediamo i pericoli che questa tendenza assume tanto in termini generali quanto nel nostro mestiere di lifeguard.

Il termine “eroe” ha radici profonde nella storia e nelle culture umane. Deriva dal greco antico ἥρως (hḗrōs), che indicava un essere intermedio tra l’uomo e gli dei, spesso legato a gesta straordinarie e a un culto particolare. Nell’immaginario collettivo, l’eroe è tradizionalmente associato a figure mitologiche e storiche che si sono distinte per coraggio, forza d’animo e azioni eroiche in difesa di ideali più alti.

Dalle antiche epopee omeriche ai romanzi cavallereschi medievali, l’eroe è sempre stato una figura centrale, capace di incarnare i valori di una comunità e di ispirare le generazioni future. Nel corso dei secoli, il concetto di eroe si è evoluto, adattandosi ai mutamenti della società e della cultura. Dagli eroi classici, spesso guerrieri o re, si è passati a figure più complesse e sfumate, come gli eroi romantici o i moderni supereroi.

Oggi, il termine “eroe” viene utilizzato con una frequenza e una leggerezza che rischia di svuotarlo del suo significato originario. Ogni giorno, i media ci presentano nuovi eroi: vigili del fuoco che salvano vite, medici che combattono malattie, sportivi che raggiungono traguardi straordinari. È indubbio che queste persone meritino ammirazione e rispetto, ma è altrettanto vero che spesso si tratta di professionisti che svolgono semplicemente il loro lavoro, pur in condizioni difficili e rischiose.

L’eccessivo utilizzo del termine “eroe” rischia di banalizzare il concetto stesso di eroismo e di creare aspettative irrealistiche. Non tutti siamo destinati a compiere gesta straordinarie e non tutti gli eroi indossano una cappa o portano un simbolo distintivo. L’eroe può essere anche la persona che, con piccoli gesti quotidiani, fa la differenza nella vita degli altri.

È fondamentale riflettere criticamente sull’uso che facciamo del termine “eroe”. È necessario distinguere tra l’eroe autentico, che si distingue per un atto di coraggio eccezionale o per una vita dedicata al bene comune, e la persona che, pur meritevole di riconoscimento, svolge semplicemente il proprio dovere.

I giornali, sia stampati che online, hanno contribuito enormemente nella svilupparsi di questo fenomeno pensando che un titolo più emotivamente forte contribuisca a favorire l’attenzione del lettore e conseguentemente la vendita del giornale.

L’eroismo mediatico può avere diverse conseguenze, sia positive che negative. Da un lato, può contribuire a rafforzare il senso di comunità e a promuovere valori positivi come il coraggio, l’altruismo e la solidarietà. Dall’altro lato, può portare a una standardizzazione delle figure eroiche e a una perdita di individualità. Inoltre, può generare aspettative irrealistiche nel pubblico, che può sentirsi frustrato e deluso quando si confronta con la realtà.

È importante mantenere uno sguardo critico e diffidare delle semplificazioni eccessive e delle drammatizzazioni.

Nel nostro mestiere questa tendenza si è riprodotta nello stesso modo di altri settori per cui il bagnino che effettua un salvataggio viene immediatamente descritto dai giornali come EROE eppure, semplicemente, nella maggior parte dei casi, ha svolto il suo lavoro. O in alcuni casi ha addirittura posto rimedio ad un suo errore di distrazione non avendo ben curato la fase della PREVENZIONE. 

Alla ricerca di un breve momento di celebrità si è spesso assistito ad assistenti bagnanti che comunicano immediatamente i loro salvataggi ai giornali … dimenticando di darne opportuna e rapida comunicazione alla Guardia Costiera attraverso la Scheda di Rilevazione Incidenti.

Non è difficile immaginare la telefonata che avverrà il giorno dopo l’uscita sul giornale dell’eroico …. articolo!