Come abbiamo anticipato nelle scorse settimane è in arrivo una riforma del sistema brevetti di salvataggio.

Abbiamo approfondito il tema con l’Avvocato Gabriele Meucci, ex bagnino di salvataggio.

Il suo è un intervento puntuale che sicuramente sarà utile al dibattito che si era sviluppato in questo periodo.

Ecco quindi la seconda parte del suo intervento.

 

Ma veniamo all’art. 6, che disciplina i nuovi Corsi di Formazione professionale.

La prima novità è rappresentata dalla durata fissata in un minimo 100 ore. Presupponendo un incontro alla settimana della durata di circa due ore (questa è all’incirca la realtà attuale), il corso -al netto di eventuali festività e assenze- durerà all’incirca un anno di tempo.

Purtroppo la riforma si spinge ancora più in là, arrivando a precisare che di queste cento ore, almeno 30 debbono essere dedicate ad un tirocinio vero e proprio.

Poniamo una Sezione di medie dimensioni, che brevetta dai 60 ai 100 bagnini all’anno: dove potranno essere materialmente piazzati tutti questi aspiranti bagnini?

Il leitmotiv di tutta la riforma che accosta previsioni pericolosamente generiche ad altre pericolosamente specifiche, si ripercuote nuovamente nel comma 3, quando tratta le materie oggetto di lezione e preparazione: ad esempio si citano le ‘nozioni   fondamentali   in   materia   di   responsabilità dell’assistente bagnante’.

Quale tipo di responsabilità? Civili, penali, amministrative, disciplinare?

Stesso discorso quando si tratta delle varie tecniche di salvamento, delle tutele del sistema, ecc.: -Quali sono i testi, le norme, le pratiche, le regole da seguire? Nulla viene detto.

Se si somma questa considerazione a quella di cui all’articolo 4 in cui nulla viene richiesto circa la preparazione dell’aspirante insegnante, il risultato è presto detto.

Un corso di durata estenuante a fronte di una preparazione finale scarsa.

 

Dai problemi teorici, purtroppo, si passa ai problemi pratici:

-Chi visionerà e approverà i programmi?

Sarà sempre la Capitaneria di Porto che dovrà preventivamente vagliare i programmi ed approvarli una volta verificate -sulla base di non si sa che cosa- il rispetto dei requisti degli stessi.

Si badi bene poi all’ennesimo -quantomeno apparente- refuso.

Perché i programmi hanno una validità di cinque anni (art. 6,comma 12) mentre le autorizzazioni al rilascio dei brevetti hanno una validità di dieci anni (art. 4, comma 9)?

 

Passiamo, non senza timore, alla lettura dell’articolo 7 che disciplina i requisiti che deve possedere l’aspirante bagnino: qui la novità è sconvolgente.

Si parla dei requisiti di ammissione e subito al comma 1, lettera a balza agli occhi la prima novità “eta’ compresa tra il diciottesimo e il cinquantesimo  anno  di eta’”.

Attualmente, lo si ricorda, il range di età vai dai 16 ai 65 anni.

Perché si è accorciata la forbice? Perché i soggetti sopra i 50 anni di età non possono più conseguire un brevetto? Statisticamente vi sono molte persone che magari, per congetture di vita ed economiche, si trovano a 50 anni suonati a volere riprendere un brevetto che magari in gioventù aveva conseguito e che attualmente risulta solo ‘scaduto’. E sempre su un piano statistico, queste sono persone che solitamente conoscono benissimo il mare, che hanno in generale una grande esperienza nella gestione di situazioni difficili (più di un diciottenne). Sono persone che di norma sanno già manovrare alla perfezione un patino di salvataggio e che hanno spesso una preparazione fisica di altissimo livello. Sono anche i preferiti dai gestori degli stabilimenti balneari perché rappresentano talvolta i così detti ‘tutto fare’.

Con questa riforma queste persone sono tagliate fuori, la Riforma indirettamente invia questo negativo messaggio: ”Sei troppo vecchio per fare il bagnino nonostante Ti manchino 17 anni alla  pensione di vecchiaia!”.

Il panorama italiano è ricchissimo di esempi di lavori ben più usuranti e ben più pericolosi del bagnino di salvataggio per i quali non si fissa alcun limite di età: le forze di polizia prima di tutto, i minatori, gli operatori dell’edilizia.

D’altronde il requisito c, ossia il possesso di un certificato medico di idoneità psico fisica, sarebbe in concreto utile ad assolvere a tale scopo: se un sanitario attesta l’idoneità, perché il legislatore della riforma impone ingiustamente e apoditticamente un limite di età?

L'autore, Avvocato Gabriele Meucci

L’articolo 8 parla della procedura di esame per il conseguimento del brevetto. Tale rinnovata commissione sarà composta da 4 membri e tale commissione sarà obbligatoria sia per il conseguimento del brevetto c.d. per acque interne e piscina sia per quello c.d. ‘completo’ per le acque marittime.

I membri:

  1. a) un ufficiale del Corpo delle capitanerie di porto di grado non inferiore a tenente di vascello, con funzioni di presidente;
  2. b) un medico di una struttura pubblica dell’area di  medicina  e chirurgia  d’urgenza  o  dell’area  di   anestesia   e   rianimazione appartenente ai servizi di emergenza territoriale, docente del corso;
  3. c) una figura professionale del Dipartimento  di  prevenzione  e sanita’ pubblica del servizio sanitario nazionale, docente del corso;
  4. d) un allenatore tecnico di nuoto  e  nuoto  per  salvamento  in possesso di abilitazione, istruttore del corso.

Per esigenze di snellezza della presente trattazione, si vogliono ridurre solo a due le censure (sarebbero molte di più):

1) l’onnipresenza della Capitaneria di porto.

Per evidenti necessità di cronica scarsezza delle risorse e del personale, negli ultimi anni la Capitaneria di Porto è stata costretta a ridurre la sua ingerenza nella preparazione degli aspiranti bagnini arrivando a presiedere unicamente le commissioni di esame per l’estensione al mare del brevetto valido per le acque interne. E ciò, lo si ripete, per oggettive difficoltà non superabili allo stato attuale.

Con la riforma attuale invece dovrà obbligatoriamente essere presente ad ogni esame di ogni sezione. Dovrà essere presente altresì anche un medico specializzato in rianimazione e anestesia ed una figura professionale del SSN.

Sarà facile mettere insieme l’ente pubblico, il sanitario specializzato, gli altri due membri della commissione e colui che dirige il corso in certe date ed in certi luoghi, il tutto unitamente alle esigenze dei corsisti? La risposta è semplice: sarà quasi impossibile.

2) viene estromesso dalla commissione l’insegnante del corso.

Mutuando in ambito universitario, sarebbe a dire che il professore non possa poi interrogare i suoi allievi a fine corso onde verificarne la loro preparazione.

3) nulla viene detto sul potere dei singoli membri della commissione

Chi avrà più peso? Chi interrogherà su cosa? Ed in caso, ben possibile, di pareggio, ossia di due soggetti a favore per il rilascio e di due contrari, chi avrà la decisione finale? Ancora nulla viene detto.

 

Il comma ottavo del successivo articolo 9 rappresenta una ulteriore novità allo stato inattuabile

‘Il Capo del  compartimento  marittimo  competente,  ricevuto  il verbale di esame di cui al comma 7, rilascia ai soggetti  interessati le  abilitazioni  previste  all’articolo  5,  secondo  le  istruzioni predisposte dal Comando  generale  del  Corpo  delle  capitanerie  di porto’.

Saranno quindi le Capitanerie di porto a dover rilasciare i brevetti ed a curare tutto l’iter burocratico sinora svolto dalla SNS e dalla FIN, e da ultimo dalla Fisa.

Il tutto andrà fatto senza gravare economicamente sulle predette associazioni ed in completa autonomia. Il tutto andrà eseguito (art. 12) senza alcun ulteriore aggravio per la finanza pubblica.

Che significa questo?

Che le Capitaneria -già in oggettiva difficoltà nell’inviare i propri ufficiali e sottoufficiali per il solo esame della estensione del brevetto per acque interne al mare- dovrà ora presenziare a tutti gli esami. Dovrà controllare le domande di accreditamento dei nuovi enti, e dei loro corsi. Dovrà curare il rilascio di tutti i brevetti.

E tutto questo andrà fatto a partire dall’1 gennaio 2017.

E’ chiaro che la riforma, al di là di ogni concreta e fondata critica sul suo senso ed utilità, è assolutamente inattuabile.

Non si comprende il perché della Riforma e lo spirito.

Statisticamente, nei luoghi in cui il Bagnino è presente, la mortalità si avvicina allo zero. E non perché il bagnino sia un grandissimo nuotare o vogatore o perché sia capace al pari di un medico a nel compimento di manovre di primo soccorso.

Il Bagnino evita statisticamente il verificarsi di tragedie con la sua sola presenza, con la sua opera di prevenzione, con i suoi insegnamenti ed i suoi accorgimento e solo in extrema ratio con il suo apporto in caso di pericolo.

L’adagio che spesso si sente dire difatti ai corsi è il seguente “Un bravo bagnino è colui che non si trova a compiere mai un salvataggio”.

In Italia non vi è un problema di scarsa preparazione dei bagnini, le tragedie accadono proprio nelle spiagge di proprietà pubblica ove non ci sono fondi per garantire una sorveglianza: le spiagge prive di salvataggio.

Sul merito della Riforma questo articolo si è già espresso negativamente, si vuole pertanto procedere ad un ultima chiosa.

Quanto costerà un corso della durata di 100 ore, con il reperimento di varie figure professionali (tra cui il medico rianimatore non così diffusissimo), con un obbligo di tirocinio di 30 ore?

Costerà tanto, troppo.

E la Capitaneria potrà far fronte a tutte queste novità senza aumentare di un centesimo la spesa pubblica e privata?

No, assolutamente impossibile.

La speranza è che magari in un tavolo di discussione con il Ministero si sospenda in prima istanza l’operatività della Riforma e si riveda integralmente la portata della stessa.

 

A cura di:

Avv. Gabriele Meucci

meuccigabriele@gmail.com

(Per leggere la prima parte clicca qua)